I VELENI DELLA SIRIA
Lungo la rotta del Mediterraneo:
da Latakia(Damasco)
al Porto di Gioia Tauro
Il Porto di Gioia Tauro è pronto per l’operazione di neutralizzazione
(28.02.2014)
di Anthony Cormaci
Nato dal “baratto” tra la sede del capoluogo regionale della Calabria e il V centro siderurgico (mai avviato), il porto di Gioia Tauro, a nord di Reggio Calabria, è il più grande terminal per trasbordo del mar Mediterraneo.
Del cosiddetto “pacchetto” Colombo degli anni settanta, l’unica realtà fu l’area portuale che vide la luce nel 1994. Il porto assume molto presto un ruolo importantissimo con oltre2 milioni di container/anno movimentati nel1998, diventati 3 milioni di unità nel 2007, attestandosi a 2.300.000 nel corso del 2011, distaccando i porti di Taranto e Cagliari e quelli di destinazione finale di Genova e La Spezia.
Dal 1994 ad oggi vengono intraprese molte iniziative (Zes,logistica,collegamenti FS,intermodalità), che trovano attuazione frammentaria.
La Zes (zona economica speciale) rappresenta il primo passo verso un cambio di rotta in un’area da troppo tempo lasciata al suo destino, con investimenti non sempre mirati che ancora segnano la consistente forza lavoro.
All’improvviso, ecco che il porto di Gioia Tauro viene scelto, con decisione dall’alto, come sede di trasbordo delle pericolosissime armi chimiche prodotte e usate in Siria.
Infatti le “autorità” locali e la popolazione vengono a conoscenza di questa decisione che mette nervosismo e paura, a cose fatte!
Dopo le vibrate proteste di Sindaci della Piana e del Presidente della Regione, le cose diventano ufficiali con l’intervento di Enrico Letta (gennaio 2014) che “tranquillizza” le Istituzioni e la popolazione residente, ormai rassegnata all’idea che questo trasbordo in ogni caso “s’ha da fare”.
L’evento può essere ricondotto a questa articolazione sommaria: carico degli aggressivi chimici più pericolosi sulla nave danese “Ark Futura”, a Latakia(territorio di Damasco, Siria); arrivo a Gioia Tauro e trasbordo con tutte le misure di sicurezza (oggi ampiamente partecipate dall’autorità portuale e da tutte le strutture collegate); arrivo della nave laboratorio “CAPE RAY”, nave militare americana con a bordo 35 marines e 64 esperti chimici (dell’Army’s Edgewood Chemical Biological Center); trasbordo su questa unità speciale e distruzione delle armi chimiche in alto mare (nel Mediterraneo, però!).
La costante presenza dei federali Usa, pur non vedendosi, si percepisce per le concrete operazioni (con la Polizia Italiana), di contrasto alla ‘ndrangheta e al traffico di droga tra Stati Uniti e la Calabria.
La nave americana “Cape Ray” attualmente in sosta a Roto (Cadice, Spagna), è pronta a salpare per Gioia Tauro.
Ci ha dichiarato il prof. Gattuso, docente di Ingegneria dei Trasporti dell’Università Mediterranea di Reggio Calabria, più volte intervenuto nelle problematiche dell’area del bacino gioiese: ”Paragonando il porto di Gioia Tauro alla Ferrari, per garantire e mantenere il successo, occorre assicurare elementi analoghi: programmazione e pianificazione lungimiranti, investimenti proporzionati, management tecnico e guida politica competenti ed autorevoli, capacità di mettere a frutto programmi e piani, di innovare, di rendere appetibile il porto agli operatori dello shipping, del commercio e della logistica e lavoro serio sul campo, per mettere a frutto strategie ed investimenti”
Poiché il porto di Gioia Tauro ha già una potenzialità enorme sia in termini occupazionali che di crescita industriale e commerciale, ci auguriamo che tutti gli annunci fatti dalle Istituzioni Regionali e Nazionali trovino immediata attuazione per il benessere dell’area e del territorio calabrese proteso verso il riscatto.
L’Onnipotente possa guidare la mano dell’Uomo in questa complessa e pericolosa operazione, intrapresa per la definitiva eliminazione di queste armi di morte di massa.