LE MERAVIGLIE DELLA SOLIDARIETA’
OVVERO
I V A S I D’ A R G I L L A
15.01.2014
di Anthony Cormaci
La natura si ribella riconquistando il territorio devastato dagli uomini che non la rispettano nella sua interezza e,quando essa, nei suoi secolari terrificanti sommovimenti,uccide persone innocenti,la collettività è sgomenta e- perdendo le cose terrene- si trova in una solitudine disperata,
Non possono essere dimenticate le devastazioni procurate,nei primi giorni di novembre 2013,dalla “bomba d’acqua” che ha mortificato la bella ed operosa Sardegna e che poi -con i colpi di coda -ha investito le coste ioniche della Calabria,della Basilicata e della Sicilia,lasciando danni,lutti e macerie.
Le colpe degli uomini sono evidenti: molti hanno costruito e “fatto” costruire anche nei letti dei fiumi che la natura ha ripreso con violenza!
Immensi i danni e i lutti che il tifone Haiyan,nello stesso mese, ha disseminato nelle isole Filippine ove è stato spazzato via il lavoro di tanti anni di fatica,togliendo la vita a circa 10.000 persone.
Resta ancora presente- negli smarriti occhi della gente- il nubifragio delle 5 terre nella Liguria del 2011,l’uragano Katrina del 2005 che rese inagibile la bella città di News Orleans,inondata per quasi tutta la sua estensione.
In questo caso le costruzioni avevano occupato tutti gli argini dei fiumi e degli affluenti in assenza anche delle più elementari misure di sicurezza e di prevenzione.
E’ vero che la maggior parte delle cause delle catastrofi hanno radici umane,ma è pur vero che l’Uomo si riscatta attraverso la solidarietà,fatta di cose minute e di eroici interventi, che si affiancano alle strutture di protezione,non sempre sufficienti,dello Stato.
Questo slancio dell’Uomo chiamato “solidarietà”,che Seneca identifica come comportamento naturale ed ineludibile,profondamente radicato,moltiplica gli aiuti.
E’sempre grande la solidarietà da tutta l’Italia e dal mondo intero verso coloro che vivono momenti di grande disagio e spesso di tragedia, sia che si trovino sul territorio nazionale o sulle lontane coste oceaniche.
La solidarietà può essere spicciola (un sms da un euro,inviato da lontano)o sul posto- con stivali di gomma ed attrezzi casalinghi – asciugando l’acqua traditrice,scartando tra le martoriate suppellettili quelle poche ancora utilizzabili. Si formano comitati spontanei di gente comune,colonne di autocarri con agrumi,acqua minerale,vestiti,scarpe che si aggiungono ai mezzi che trasportano letti, coperte, tende e varie strutture della Protezione Civile.
Le forme di aiuto sono sempre le più svariate.
Partono giovani volontari a scavare il fango e “salvare”i libri(memorabile la moltitudine di ragazzi dopo l’alluvione di Firenze del 1966),a portare una parola di conforto,a porgere una bottiglia d’acqua minerale e pane fresco a quella gente che,sia pure con l’angoscia nel cuore,si appresta a ricominciare,a ricostruire le case, le scuole,gli orti,che con tanti sacrifici(e talvolta con tanta imprudenza) aveva creato.
Ogni ordine di grandezza,tuttavia,nei danni e nei lutti,è superato dal terrificante tsunami delle isole di Sumatra e dell’Oceano Indiano del 26 dicembre del 2004. E qui la colpa dell’uomo è relativa,perché la natura,nel suo millenario lento e tragico evolversi ha rapito le cose e la vita di gente inerme.
La mattina di tale data,che si presentava limpida e serena,la natura procurò un tremendo terremoto sotto le acque dell’ Oceano Indiano che a sua volta generò un vasto maremoto con onde gigantesche(alte come palazzi) che avanzarono veloci e possenti per infrangersi sulle coste di ben 10 stati asiatici e 2 africani,travolgendo barche,case,alberi persone,oggetti cari di quelle popolazioni semplici e miti
Ogni cosa sparì agli occhi umani. Tutto fu distrutto. Fu la fine di quelle coste belle, serene e rigogliose.
Il mare si ritirò e l’onda – nel risucchio – trascinò rovinosamente ogni cosa e soprattutto gli uomini inermi, completando l’incredibile tragedia.
Morirono in tanti, un numero così alto di persone che fu difficile quantificarlo e grande fu la disperazione per quegli uomini sopravvissuti.
I governi di Sumatra,Bangladesh,Thailandia,Sri Lanka,India (costa sud-est) Birmania,Maldive, fino alle coste della Somalia e del Kenia (ad oltre 4500 km dall’epicentro del sisma !)dichiararono un numero approssimativo di 230 mila morti.
Dopo lo tsunami e la grande fatica di tentare di riprendere la vita, nel mite popolo indonesiano fece breccia la singolare iniziativa di un vecchio pescatore che, con il passa parola tra quella gente semplice,assunse le caratteristiche di leggenda.
Si racconta,infatti,che egli prese i vasi d’argilla che trovò e li riempì di sabbia e scrisse sopra un nome(per ogni persona di cui aveva memoria) o la scritta “un ‘anima” per le persone di cui non conosceva l’identità.(§)
Li predispose in fila, ai bordi delle piantagioni salvate dal maremoto, e pregò perché le anime che lui aveva invocato potessero trovare il giusto riposo nel mondo della Vita Eterna, affinché le onde, rincorrendosi, lambendo i vasi di argilla, non rammentassero più la morte ma l’abbraccio delle persone care,dalle quali furono allontanate con tanta violenza.
Ci piace concludere con questo cenno fiabesco perché crediamo che “scavando” nell’animo umano troviamo sempre la bontà del creato.
Un messaggio che vale per tutte le persone che il fango,l’acqua furiosa o le scure onde hanno sradicato,in ogni parte del mondo,dalle loro belle e neglette terre.
(§) Episodio fiabesco tratto dalla raccolta “Racconti degli eventi della natura”di Anthony Cormaci, edita dall’Accademia Internazionale dei Micenei, Grafica Enotria.