C O M E “INVENTARSI” U N L A V O R O
(La “Favola” moderna dei tre Coraggiosi e il… “DRAGO”)
(14.10.2013)
di Elle
C’era una volta il lavoro. Anzi, c’erano il lavoro e la messa a riposo. E c’era, per qualcuno giunto alla pensione dopo una vita da dipendente, la voglia di cambiare, di fare. Chiamiamolo desiderio di libertà, se vogliamo: ma una libertà mirata a creare qualcosa di proprio da passare ai figli, che sarebbe sembrato un miraggio durante i decenni di lavoro “sotto padrone”.
Passano gli anni, ma i padroni restano; e da fresco titolare di una pensione da “inferiore” (per dirla alla Fantozzi), la figlia Chiara ancora priva di occupazione e la moglie Rosanna, casalinga, a Rinaldo nasce un’idea: aiutare la ragazza a crearsi un’attività autonoma. Una cosa piccola, s’intende, perché capitali su cui contare loro non ne hanno, ma in compenso condividono una passione: quella per le rievocazioni storiche in costume. Tante volte hanno assistito a tornei e battaglie, tra cavalieri, dame, sbandieratori, falconieri, venditori di mercanzie ormai introvabili e cultori di antichi mestieri. Perché non tentare? Perché non trasformare il presente misero e la previsione di un futuro fosco in un’avventurosa impresa, la stessa che vivevano i mercanti lungo le strade del tempo? Spezie aromatiche, granaglie e mieli, fiori disseccati, candele profumate, saponi odorosi… un intero mondo di piccole cose artigianali da proporre, antiche e gentili, nasce con un progetto che giorno dopo giorno prende corpo: inserirsi come venditori nei mercatini storici. Nel loro immaginario si tratta di una cosa semplice: un vecchio banco, una tenda, un mezzo per i viaggi, l’espletamento delle formalità di legge, e via. Ma siamo in Italia, gente! Già… siamo in Italia: un luogo dove se qualcuno decide di trasformare una passione in lavoro può star certo che s’imbatterà in difficoltà tali da far dubitare che lo scopo primo dello Stato sia quello di scoraggiare, per non dire combattere, l’iniziativa privata. La burocrazia impantanerà il malcapitato con licenze, corsi, attestati, adempimenti, documentazioni, permessi. Gli incentivi o le sovvenzioni per l’apertura della nuova attività se li potrà scordare: quando ne farà richiesta gli verrà risposto che mancano i fondi. Niente agevolazioni, e nel momento del bisogno le banche gli sbatteranno la porta in faccia: la loro funzione sociale è una balla alla quale non crede più nessuno. Ma i tre volonterosi sono incrollabilmente convinti della loro scelta, e proseguono decisi nonostante le difficoltà, fino ad imbattersi… nel Drago. Perché è sì, bello e avventuroso il loro sogno, ma per il Drago “Fisco” questo sogno si chiama “attività commerciale itinerante”. Un’attività da tassare a sangue. Al Drago non importa che i nostri amici sopravvivano o agonizzino: gli basterà che lo foraggino, e, se non riuscissero a farlo, li aggredirà spogliandoli di tutto, e li abbandonerà quando saranno inservibili. I feudatari e i notabili del Regno hanno i posti segreti dove nascondere i loro forzieri colmi, ben protetti da scudi e scudieri; ma per i deboli non c’è possibilità di scampo. Il Drago li attende al passaggio obbligato: se non potrà o vorrà agguantare i grandi, i piccoli certo non gli sfuggiranno…
I nostri tre coraggiosi si accorgeranno così che il cammino è molto più irto di difficoltà di quanto previsto. L’attività ambulante è la più rischiosa, la più faticosa, la più imprevedibile tra tutte; e il primo nemico contro cui combattere, ma impossibile da vincere, sono le condizioni del tempo. Tiene conto, il Drago, se agli itineranti la giornata di lavoro, svolta alle intemperie e soggetta a ogni variabile, ha fruttato di che sopravvivere? Non chiediamocelo nemmeno. E non è tutto qui. Seguiamo cosa succede una sera ai nostri tre Coraggiosi, alla fine di una rievocazione storica. Stavolta è andata bene. Il tempo era bello, l’evento ben riuscito, e i visitatori avevano affollato allegramente i cortili del castello, comprando volentieri. Soddisfatti, Rinaldo e le sue donne già fanno mentalmente il conto di quanto può essere stato il guadagno, detratti il costo dei prodotti, la quota di partecipazione, le spese di viaggio, di occupazione del suolo, delle varie tasse, e via dicendo. Il tramonto diventa sera, si sono accese le torce, presto il portone del castello chiuderà e i venditori del mercatino si apprestano a smontare i loro banchi. Alcuni visitatori si attardano. Succede sempre; ma stavolta tra essi, perfettamente mimetizzati, si aggirano due emissari del Drago. Un ragazzo, prima di andarsene, chiede di comprare al volo un regalino per la ragazza: un piccolo sapone a forma di cuore. Due euro e cinquanta. Ma il registratore di cassa ormai è chiuso, il rotolo è finito, già è stato caricato sul camper insieme al resto. Il ragazzo ci ride sopra, la cifra è talmente piccola… e allunga le monete. Attenta, Chiara, non si può! Ormai però è fatta. Il saponcino è venduto. Gli emissari non aspettavano altro e muovono verso il banco. Uno di loro estrae le credenziali e contesta il reato di evasione. I tre al banco restano impietriti. Silvana si affretta a riportare il registratore per dimostrare che ogni scontrino è stato battuto, ma loro la fermano con un gesto: inutile controllare, sono rimasti tutto il giorno tra la folla tenendo d’occhio ogni banco, sanno benissimo che tutti gli scontrini sono stati fatti. Tutti, tranne uno: l’ultimo. E si mettono a scrivere il verbale. Duecentocinquanta euro di multa per evasione fiscale: cento volte due euro e mezzo. Il guadagno è sfumato, la giornata di lavoro perduta. Un senso di rabbia impotente, di frustrazione. Ma domani è un altro giorno, e i nostri amici ripartono sul vecchio camper con cui macinano miglia insieme alla loro merce, alle attrezzature, alle poche cose indispensabili e al gatto Artù; un camper carico di progetti e di voglia di vivere. Forse domani il cielo sarà limpido, forse la gente accorrerà numerosa, forse le cose cambieranno. Dovranno, cambiare! Che la buona sorte accompagni i nostri tre Coraggiosi e la gente come loro. Tanti di questi, sapete, hanno i capelli bianchi e figli ai quali insegnare che il lavoro è anche sfida, e se non c’è lo si può creare, inventare, attingendo dai propri desideri, dai propri “sogni”, con tenacia e senza arretrare, combattendo sempre. Perché la lotta, prima o poi, paga!