AmnistiaIndulto

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AMNISTIAA… INDULTOO ???



NOO !!!



SOLO  GIUSTIZIA !



Come linea di principio e forza d’un Paese


sano


e in nome della dignità del Cittadino detenuto



(23.10.2013)

di Elle


 

 

 

Amnistia, indulto, situazione carceri: già detto e scritto tutto e di più. Ci pare necessario, però, rifinire, “zumando” per quanto possibile, quel che concerne le vittime: il tutto brevemente e concretamente, e al di fuori di coloriture ideologiche, guazzabugli fumosi e ipocrisie varie.
Sappiamo bene a cosa servono, o dovrebbero servire, le carceri. Detto in breve, a un triplice scopo: scontare la pena per i misfatti commessi; combattere il rischio che il detenuto reiteri i reati; recuperarlo avviandolo a un processo di reinserimento nella società civile. Riassumendo, i tre scopi si propongono: giustizia, prevenzione, ravvedimento. Non riguardano quindi solamente il detenuto, ma anche la vittima e la società
Facciamo prima una prima breve riflessione sul sovraffollamento, problema primario degli istituti penitenziari e causa di gravi disagi. Questo dato non risulta solo proporzionale all’incremento della popolazione, ma appare con ogni evidenza connesso a un deterioramento del tessuto sociale, sempre più disastrato. Al di là delle nuove emergenze che non vengono fronteggiate, del galoppante impoverimento, delle scarsissime risorse, la cronaca da anni ci ha assuefatti a notizie di illeciti continui, spesso difficili da perseguire, particolarmente inquietanti in quanto perpetrati nell’ambito delle istituzioni, che vengono così a configurare non solo un micidiale modello, ma un vero e proprio sistema, fonte di inquinamento e di corrosione del senso etico comune.
Premesso questo, bisognerebbe intenderci sul senso dell’aggettivo “disumane”, attribuito alle nostre carceri. Disumane sono da ritenersi le carceri dove i detenuti vengono torturati, privati del cibo, del sonno, costretti a lavori forzati, o vessati fisicamente, nei Paesi dov’è anche praticata la pena di morte. I nostri penitenziari presentano problemi seri, ma legati per lo più al normale regime di restrizione; per la maggior parte risentono di carenze strutturali e di spazi inadeguati, sono antiquati, sovrappopolati, obsoleti, e tutto quel che volete: ma, per favore, riserviamo l’aggettivo “disumano” ai casi estremi citati sopra, considerando altresì che realtà non facili da vivere, e spesso di molto peggiori, esistono anche nel quotidiano di gente che non si trova in stato di detenzione, non avendo commesso nessun crimine. Scusate, ma se è considerata “disumana” la condizione di un omicida che sconterà la sua pena – sicuramente con sofferenze e disagi – ma poi uscirà, e solitamente prima del termine grazie ai benefici di legge, come definiremo il suo delitto, a causa del quale la vittima dalla sua tomba non uscirà mai più?… E com’è definibile la condizione dei familiari dell’assassinato, colpiti da un dolore che non vedrà mai un “fine pena”?
Pensiamo, poi, anche alle vittime di reati differenti: donne stuprate, bambini caduti in mano a pedofili, persone sottoposte a estorsioni, ad aggressioni, a minacce, a usura, a rapine, a violenze domestiche; e l’elenco sarebbe ancora lungo e drammatico. Tutto questo configura danni anche psicologici gravissimi, spesso irrecuperabili per la persona offesa. Tanti si battono per i diritti dei detenuti. Chi si batte per le vittime?
Ma – mi si potrebbe dire – nello specifico il discorso riguarda l’amnistia, con la cancellazione dei crimini meno gravi. Attenzione, però, ai reati cosiddetti “minori”, perché spesso tali non sono, come c’insegna l’ultima amnistia. E i crimini considerati lievi, come i furti o le truffe, hanno ricadute particolarmente dannose se colpiscono soggetti indifesi come gli anziani, i quali oltretutto frequentemente mantengono a gran fatica anche i figli disoccupati.
A nostro avviso un colpo di spugna sarebbe quanto mai controproducente. I cittadini non chiedono vendetta, ma pretendono sacrosanta giustizia. Consideriamo poi che anche per il detenuto l’amnistia risulterebbe negativa: annullerebbe in lui la presa di coscienza della gravità del reato compiuto, ovvero della propria responsabilità, che è l’esatto contrario di quanto necessario per iniziare il cammino di ravvedimento. Quest’ultimo progetto, se attuato come dovrebbe essere in ogni istituto penitenziario, comprenderebbe gli strumenti per il reinserimento nella società, come già avviene nelle carceri più avanzate, dove esistono spazi, attrezzature, iniziative, collaborazioni esterne, e dove si punta soprattutto al recupero dei soggetti più giovani. Ma sono ancora molti i casi in cui le buone intenzioni del legislatore vengono poi vanificate dalla mancanza di spazi, di mezzi, e spesso di particolare attenzione alla questione.
Il problema del sovraffollamento, volendo, non è insanabile. Piuttosto di un provvedimento discutibile, per non dire di peggio, come l’amnistia, perché non vengono aboliti quelli che a tutti gli effetti sono dei non-reati, ad esempio il furto per insussistenza di mezzi, o, per dirla in parole povere, il furto per non morire di fame? Ogni sera, alla chiusura, i supermercati gettano grandi quantità di cibo ancora perfettamente commestibile. Questo spreco, semmai, sarebbe da considerare reato, e non il gesto dell’anziano che si appropria di una fettina di carne, non potendo permettersi di comprarla. E perché non depenalizzare l’uso di sostanze stupefacenti, tagliando così le unghie a trafficanti e spacciatori? Infine, perché non adattare a fini detentivi le tante caserme ormai in disuso, data l’eliminazione del servizio militare di leva? Ma che ce lo chiediamo a fare: lo Stato le ha già destinate alla vendita per “far cassa”…
Non credete che quanto detto potrebbe essere un modo semplice, giusto e poco costoso per ridimensionare, se non eliminare, il problema dell’insostenibile affollamento degli istituti di pena? Pensiamo che queste sarebbero le prime cose da fare, dopo le quali però è urgente mettere in atto il risanamento della vita civile. A partire dall’alto, perché è dalla testa che marcisce il pesce.
In questo modo si porrebbero le basi per la prevenzione, che è il vero, unico, risolutivo modo non solo per svuotare i penitenziari, ma per rifondare una vita collettiva degna e sana. Si può fare? Certo che si può, anche se a qualcuno non sta bene. Ma questa, lo sappiamo, è un’altra storia.

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