CHIUSI I MANICOMI E OLE’… I MATTI PER STRADA

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CHIUSI I MANICOMI E OLE’… I MATTI PER STRADA

Lo spettacolo di fratelli sfortunati nelle strade è indecoroso per una Società civile e abbandonati al loro destino, pericoloso per la stessa Società come spesso ci ricordano fatti di cronaca.
I meriti delle teorie di Basaglia, divenuti poi limiti, nella elusa applicazione della legge da lui ispirata.

a cura di Daniela Rindi (11.11.2008)

“Noi vogliamo essere psichiatri, ma vogliamo soprattutto essere delle persone impegnate, dei militanti. O meglio, vogliamo trasformare, cambiare il mondo attraverso il nostro specifico, attraverso la miseria dei nostri pazienti che sono parte della miseria del mondo.
Quando diciamo no al manicomio, noi diciamo no alla miseria del mondo e ci uniamo a tutte le persone che nel mondo lottano per una situazione di emancipazione”.
(Franco Basaglia)

L’intento della famosa legge 180/78, conosciuta come “Legge Basaglia” – perché ispirata al pensiero del noto psichiatra veneziano – è ottimo, sia dal punto di vista sociale, che umano: si liberano tutti i “malati capaci d’intendere e di volere” – eufemistica licenza per parlare solo dei casi non acuti, che invece rimangono nei reparti psichiatrici degli ospedali, con limitati trattamenti obbligatori- e s’inseriscono nella società attivamente, restituendo loro, giusta dignità di esseri umani. Il manicomio è un’istituzione che va smantellata perché sinonimo di internamento, di privazione delle libertà individuali, di cure oscure e malvagie.

Che cosa vuol dire questo? Cosa comporta?
Semplice…
Lo Stato provvede ad attivare servizi psichiatrici su tutto il territorio, funzionali alla prevenzione, cura e riabilitazione: all’interno di strutture lavorative già esistenti, assegna ruoli lavorativi idonei a malati mentali, assicura loro, assistenza medica e aiuto terapeutico, alloggi adeguati, attiva una serie di canali preferenziali che possano favorirli legalmente e giuridicamente, infine, nel caso di inserimento in famiglia contribuisce a sostenerla sia economicamente che psicologicamente.

Tutto questo però suona come una bella favola.
Difatti…
Le conseguenze di questa legge, dalle buone intenzioni, sono state catastrofiche. Il malato di mente è stato messo per strada e lì, c’è rimasto!
A tutti noi sarà capitato almeno una volta di “scontrarli” per strada, vestiti in maniera variopinta e pittoresca, con strani accessori in mano, sacchi pieni di roba -invece per loro indispensabili, le uniche cose  che possiedono- lo sguardo perso nel vuoto, a ripetere sempre la stessa frase ad alta voce, quasi fosse un “mantra” prezioso.
Li vedi correre urlando a squarciagola contro un mulino che non c’è, già sconfitti prima ancora di aver combattuto. L’unico amico vero che hanno, talvolta è un cagnolino con cui discutono animatamente…
Spesso sono donne cariche di sacchetti e sacchettini caricati su carrelli, da cui spesso spunta una bambola, segno di un’infanzia mai avuta o di affetti negati; oppure, son uomini seduti su di una panchina nei parchi, con un foglio in mano, dove appuntano l’ultima istanza per presunti o supposti soprusi subiti e da inviare alle autorità, al presidente della Repubblica o persino al Re!
E questi sono quelli tranquilli, che tutt’al più riescono a provocare compassione e indignazione per il loro stato.
Ma poi ci sono altri casi, quelli gravi, rappresentati da malati che talvolta si rivelano pericolosi per sé e per gli altri e dei quali, ahinoi, le cronache spesso sono obbligate a darci notizia: come quello, ultimo in ordine di tempo, dell’omicidio, senza motivo alcuno, avvenuto nel settembre scorso, di Daniele Macciantelli, assistente capo della Polizia, di soli 36 anni, o quello dell’incendiario di Firenze, Francesco Nassi, che si sarebbe reso colpevole della distruzione di 60 e più veicoli nel capoluogo toscano.
Questi ammalati gravi, una volta, erano uomini non più esseri umani, rinchiusi, è vero, in strutture fatiscenti, inadeguate e resi inebetiti dalle cure massicce e dall’isolamento, ma adesso sono solo poveri matti e, per di più barboni, esposti a tutti i pericoli di una città-jungla e di una Società crudele!
Lo Stato, inadempiente e bugiardo, reo, appunto, di promesse da marinaio non gli ha mai dato quanto promesso: né cure in strutture adeguate, né lavoro, né assistenza, né casa.
E non hanno avuto miglior sorte i malati che sono riusciti a tornare in famiglia: tutt’altro. Perché le famiglie, abbandonate a loro stesse, senza sostegni terapeutici, né contribuzioni, si sono ritrovate sulle spalle un fardello ben oneroso da sopportare. I costi per le medicine, le continue visite, gli interventi d’emergenza che prevedono il ricovero ospedaliero continuo, una serie d’entrate e uscite dai reparti psichiatrici, se non addirittura in qualche costosissima clinica privata, sono tutti oneri, insopportabili, per una famiglia media, e implicano severe rinunce.
Senza contare, cosa per nulla trascurabile, la destabilizzazione psicologica che ne deriva all’interno del nucleo familiare, in quanto esso risulta impreparato e non idoneo ad ospitare questa tipologia di ammalati, in seno alla famiglia.
Già è molto difficile che una famiglia riesca a mantenere un suo equilibrio e un’armonia dovendosi confrontare con i problemi quotidiani, figuriamoci con un ammalato mentale grave in casa!
Sono tante le testimonianze raccolte sulle difficoltà di gestire un malato psichiatrico in piena crisi, a volte violenta, come quelle di bambini terrorizzati, che vivono in uno stato di perenne ansia, per le urla di uno “zio malato”, che non riesce a trattenersi.
La loro presenza arriva così a costituire un pericolo non solo per se stessi, ma anche per l’equilibrio psico-fisico di chi si occupa di loro.
E’ possibile accettare una situazione che già un medico specializzato, uno psichiatra, trova impegnativa da gestire?
Pensiamo che la Società abbia il dovere di tutelare l’ammalato, come il diritto sacrosanto di cautelarsi dalle intemperanze violente e talvolta potenzialmente omicide di cui può essere portatore un ammalato non controllato a livello sanitario, in modo serio ed adeguato.
Insomma questa legge non ha fatto felice nessuno, né il povero ammalato, né il parente, tanto meno, la Società.
Il deputato Paolo Guzzanti, in occasione del trentesimo anniversario della “Legge Basaglia”, ha presentato alla Camera un disegno di revisione che non prevede la riapertura dei manicomi, ma una strutturazione che renda obbligatorio il trattamento sanitario per i malati psicotici e schizofrenici, a protezione dell’ammalato, di chi se ne occupa e della Società.
Accadrà qualcosa? Ce lo auguriamo: per il bene di tutti ed anche per il povero Professor Basaglia, che certo si starà rivoltando nella tomba, per il suo impegno umano e scientifico andato in fumo, per colpa di uno Stato che, come da… regola, fa le leggi e poi le elude esso stesso!

(Le fotografie in B/N del servizio sono tratte dai libri fotografici, entrambi del 1969, “Gli esclusi” e
“Morire di classe” rispettivamente dei fotogiornalisti Luciano D’Alessandro e Gianni Berengo
Gardin ed estrapolate da internet).

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